L’ASGI, la parità e la “correzione” dell’azione pubblica

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Di Alberto Guariso

Due episodi recenti, presi a caso tra molti altri,  sollecitano qualche riflessione sul ruolo di ASGI e sullo stato attuale dell’azione pubblica di fronte a questioni di parità di trattamento.

A Bergamo ASGI promuove una azione civile contro una ordinanza “anti-ebola” del Sindaco di Telgate che impone, tra l’altro, l’obbligo di presentare “regolare certificato medico” (?) a chi intenda dimorare nel Comune. Costituendosi in giudizio, il Comune dichiara che la propria intenzione era solo quella di facilitare l’incontro tra gli stranieri e il servizio sanitario  (!) e dichiara la disponibilità a sostituire l’ordinanza con altro provvedimento  che persegua effettivamente detta finalità.

Presso la Corte d’Appello di Brescia  si discute del riconoscimento della carta acquisti ordinaria ai rifugiati politici e in particolare a due stranieri che inspiegabilmente la attendono da 3 anni.L’INPS si difende asserendo che la normativa vigente non prevederebbe detto riconoscimento.La Corte fa presente al legale dell’INPS che invece dal sito dell’Istituto è scaricabile un modulo che prevede il contrario, ma nello stesso tempo il contenuto di un’altra pagina dello stesso  sito sembra invece in assonanza con la posizione di diniego : la Corte chiede  quindi quale sia la effettiva posizione dell’INPS sul punto e non ottiene risposta. Ora si attende che la pronuncia giudiziale ponga rimedio alla confusione nella quale l’INPS stesso si è andato a ficcare.

Due casi in cui l’azione in giudizio  di ASGI, prima ancora che condurre all’ affermazione di diritti “contro” chi li nega,  finisce per servire a correggere un’azione amministrativa che gli stessi responsabili non riescono a difendere in giudizio per la sua palese erroneità o contraddittorietà.

Casi eccezionali ? No, situazioni del tutto ordinarie soprattutto da qualche anno a questa parte: basti pensare agli effetti dell’azione di monitoraggio sui concorsi pubblici messa in atto da ASGI, che ha portato nel giro di pochi mesi alla correzione di quasi un centinaio di bandi pubblici redatti ignorando completamente il testo rinnovato dell’art. 38 DLgs 165/01 e il diritto di accesso degli stranieri ivi previsto. E lo stesso è avvenuto per molteplici casi analoghi, dall’assegnazione di farmacie, ai servizi di autonoleggio ecc.

Da ultimo anche la direzione centrale dell’INPS ha comunicato di aver recepito le segnalazioni ASGI in merito alla doverosa applicazione di direttive comunitarie nell’ambito bonus bebè e le ha sottoposte ai Ministeri competenti in vista di un possibile mutamento di rotta.

Tutte vicende analoghe e tutte concluse positivamente, talvolta con una pronuncia giudiziale, altre volte con semplice adesione alle nostre richieste.

Ne emerge un ruolo delle associazioni (e di ASGI in particolare) come una sorta di “controllore” della legalità dell’azione pubblica, che merita almeno quattro riflessioni.

a)In astratto,  una dinamica di “virtuoso conflitto” tra pubblica amministrazione e società civile non dovrebbe fare scandalo: è segno di vitalità del sociale e di capacità di ascolto della PA. Quando però il fenomeno assume queste dimensioni vuol dire che qualcosa non va: l’azione amministrativa deve avere i suoi antidoti interni per il controllo di legalità che non può essere affidato alla capacità di una associazione di volontariato  il cui intervento è necessariamente collegato alle forze disponibili e dunque parziale.Una pubblica amministrazione che si corregge solo dove e se sollecitata è una amministrazione che riconosce diritti solo a chi li fa valere, in contrasto con quel vincolo di imparzialità  che sta alla base di qualsiasi convivenza civile (e della nostra Costituzione).

b) Che poi il controllo debba essere necessariamente quello della azione giudiziaria o della “minaccia” di azione giudiziaria è ancor più paradossale:  non solo per i costi sociali e economici che ciò comporta (si pensi, per stare al concreto,  ai giudici,  cancellieri, ufficiali giudiziari, avvocati mobilitati per porre rimedio agli slanci xenofobi del sindaco di Telgate…), ma perché contraddice la tendenza dell’ordinamento a  limitare in tutti i modi l’azione giudiziaria quando è in gioco la tutela di diritti (si vedano i meccanismi “anticontenzioso” contenuti nelle norme sul licenziamento emanate recentemente).Come dire che la rituale pronuncia “in nome del popolo italiano” è uno strumento sproporzionato quando si tratta di tutelare soggetti deboli, ma è invece un utile e inevitabile “aiutino” quando si tratta di raddrizzare un sistema pubblico privo di autocontrollo.

c)     Se poi i controlli interni proprio non dovessero funzionare, il controllo esterno dovrebbe essere affidato a un organismo pubblico appositamente strutturato e finanziato: in questo senso ASGI svolge oggi anche una azione di supplenza dell’UNAR che certamente ci mette molta buona volontà nel raccogliere le segnalazioni della società civile e nel cercare di dare ad esse  seguito, ma la cui azione – come sappiamo – è fortemente limitata prima ancora che dalla  mancanza di una effettiva autonomia rispetto all’apparato burocratico pubblico, dalla assenza di un potere impositivo e sanzionatorio (possibile che quanti all’interno del MIUR hanno costretto il Ministero a subire un giudizio per aver errato nella redazione del bando per supplenti, a reiterare il bando, a pagare spese legali ecc., non debbano subire alcuna conseguenza di un errore provocato con così grande superficialità ?)

d)     La stagione della xenofobia aggressiva (forse in parte tramontata,  ma sempre in agguato)  ha lasciato frutti velenosi: la superficialità (quando non l’astioso preconcetto) con la quale vengono  guardate tutte le questioni inerenti la  parità di trattamento è evidentemente frutto silenzioso di quella stagione. Il resto lo fa la pigrizia una macchina burocratica che, quando è in gioco la condizione dello straniero, si mostra in tutta la sua elefantiaca lentezza (conterà qualcosa che i danneggiati da questa lentezza siano esattamente coloro che sono privi del diritto e del potere di voto ?).

Detto questo,  per il momento non ci resta che procedere, consapevoli dei limiti della nostra azione, ma anche della importanza del nostro ruolo: essere questa sorta di “Corte dei Conti della società civile” non ci rallegra, perché vorremmo che ciascuno facesse bene il suo compito senza necessità di correttivi, ma neppure ci spaventa. E ci ricorda che la costruzione della “regola”  e l’azione giudiziaria strategica  per ottenerne il rispetto,  rappresentano uno strumento fondamentale per costruire livelli di convivenza più solidale.

 

Commento a cura dell’avv . Alberto Guariso – Servizio Antidiscriminazione ASGI 

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