Superare il mito della “sicurezza” in Tunisia: come la strumentalizzazione del concetto di “paese di origine sicuro” legittima le espulsioni e respingimenti dei tunisini dall’Italia

La strumentalizzazione del concetto di “paese di origine sicuro” legittima le espulsioni e respingimenti dei tunisini dall’Italia

Approfondimento realizzato da Avocats Sans Frontieres Tunsie in collaborazione con FTDES, Medicines du Monde, e con il supporto di ASGI 

Dall’inizio degli anni ‘90, la politica di asilo dell’Unione europea evolve progressivamente in una direzione sempre più restrittiva. Tanto a livello europeo quanto a livello nazionale, gli Stati si dotano di procedure per limitare l’accesso alla protezione internazionale. 

Il ricorso al concetto di “paese d’origine sicuro” per accelerare la valutazione della domanda d’asilo e arrivare più facilmente ad un rigetto delle domande dei richiedenti asilo costituisce a questo riguardo un’illustrazione particolarmente eloquente della deriva delle politiche d’asilo. Si tratta infatti di una procedura estremamente restrittiva delle garanzie del richiedente protezione che sposta la valutazione delle esigenze di protezione da un piano individuale ad un piano collettivo relativo alla valutazione di sicurezza complessiva che viene fatta del paese. 

Il seguente approfondimento prende avvio dall’analisi della nozione di «paese sicuro» e dall’inclusione da parte dell’Italia di vari Paesi, tra cui la Tunisia, nella lista dei «paesi sicuri». L’obiettivo è appunto quello di decostruire il concetto di sicurezza relativo alla Tunisia, un Paese che non assicura le garanzie fondamentali in materia di tutela dei diritti umani secondo quanto previsto dalla normativa europea. La strumentalizzazione del concetto di paese sicuro finalizzata alla gestione migratoria, finisce però per mettere in pericolo la sicurezza delle persone migranti.  

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