Audizione ASGI in Commissione Affari Costituzionali sul decreto legge 1/2023

Presso l’Aula della Commissione Affari costituzionali, le Commissioni riunite Affari costituzionali e Trasporti, nell’ambito dell’esame del disegno di legge di conversione del decreto n. 1 del 2023, recante disposizioni urgenti per la gestione dei flussi migratori, hanno svolto audizioni ascoltando rappresentanti istituzionali e di organizzazioni italiane ed internazionali .

Il 17 gennaio 2023 per l’Associazione Studi Giuridici è stata ascoltata l’avv. Nazzarena Zorzella, vicepresidente di ASGI.

Di seguito il testo presentato alla Commissione .


AUDIZIONE ASGI 17 gennaio 2023

COMMISSIONI RIUNITE 

AFFARI COSTITUZIONALI E TRASPORTI

Conversione in legge decreto legge n. 1/2023

Molte questioni sono state bene descritte nelle audizioni che mi hanno preceduta, mettendo compiutamente in evidenza sia il contesto in cui il decreto legge n. 1/2023 si colloca, sia il grave impatto che ha sulla vita delle persone da salvare in mare e in fuga da luoghi di tortura.

La concorde richiesta di non conversione del DL 1/203 è pienamente condivisibile, non solo perché è ingiusto, inopportuno e inconferente, ma ancor prima perché è costituzionalmente illegittimo.

Il D.L. n. 1/2023, titolato “Disposizioni urgenti per la gestione dei flussi migratori” interviene sull’art. 1 D.L. n. 130/2020 (che a sua volta modificava il D.L. n. 53/2019), confermando il potere del Ministro dell’interno (di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e della difesa, previa comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri) di limitazione o divieto di transito e sosta di navi nelle acque territoriali italiane ai sensi della Convenzione di Montego Bay del 1982 (UNCLOS) per “motivi di ordine e sicurezza pubblica” (art. 19), introducendo condizioni che escludano tale potere totalmente illegittime.

L’impianto legislativo confligge, infatti, con gli obblighi internazionali di salvataggio in mare, previsti dalla stessa Convenzione UNCLOS (e da altre in materia marittima: Convenzione SOLAS e Convenzione SAR), perché l’art. 19 di essa considera offensivo (non inoffensivo) e pertanto vietabile il transito e la sosta di una nave (evidentemente straniera), cioè pregiudizievole per il buon ordine e la sicurezza dello Stato, “se, nel mare territoriale, la nave è impegnata in una qualsiasi delle seguenti attività: […] g) il carico o lo scarico di materiali, valuta o persone in violazione delle leggi e dei regolamenti doganali, fiscali, sanitari o di immigrazione vigenti nello Stato costiero”.

Potrebbe sembrare, a una superficiale lettura, che detta norma convenzionale legittimi il divieto di transito o sosta di una nave nel mare territoriale in caso di violazione delle norme italiane in materia di immigrazione, le quali consentono l’ingresso solo in presenza di un visto.

Così non è, perché l’obbligo (inderogabile) di soccorso di persone a rischio di vita in mare prescinde dalla loro condizione giuridica soggettiva (se asilante, o turista, o altro) e pertanto non possono confondersi l’obbligo di soccorso e la pretesa di rispetto delle regole in materia di immigrazione.

L’art. 98 della Convenzione UNCLOS del 1982 (ratificata e resa esecutiva in Italia con legge n. 689/1994), infatti, obbliga lo Stato a esigere che il/la comandante di una nave battente la sua bandiera “a) presti soccorso a chiunque sia trovato in mare in condizioni di pericolo”, e sono chiari sia l’inderogabilità dell’obbligo che l’indifferenza alla qualifica della persona da salvare.

L’Allegato 2.10 alla Convenzione di Amburgo del 1979, cd. SAR (ratificata e resa esecutiva con   legge 147/1989), stabilisce che “Le Parti si assicurano che venga fornita assistenza ad ogni persona in pericolo in mare. Esse fanno ciò senza tener conto della nazionalità o dello statuto di detta persona, né delle circostanze nelle quali è stata trovata.”.

La Convenzione SOLAS del 1974 (ratificata dall’Italia) impone pari obbligo (il “comandante di una nave che si trovi nella posizione di essere in grado di prestare assistenza, avendo ricevuto informazione da qualsiasi fonte circa la presenza di persone in pericolo in mare, a procedere con tutta rapidità alla loro assistenza, se possibile informando gli interessati o il servizio di ricerca e soccorso del fatto che la nave sta effettuando tale operazione…” [Capitolo V, Regolamento 33).

I medesimi obblighi incombono sul/sulla comandante allorquando la nave si trovi già nelle acque territoriali italiane perché in quel caso, se non dirigesse la nave verso il luogo di avvenuto o prossimo naufragio, incorrerebbe nelle violazioni degli obblighi di cui agli artt. 489 e 490 cod. nav. e sarebbe condannabile in sede penale ai sensi dell’art. 1113 (omissione di soccorso) e dell’art. 1158 (omissione di assistenza a navi o persone in pericolo).

L’obbligo di soccorso delle persone in pericolo in mare è, infatti, imposto anche dalla normativa nazionale e cioè dall’art. 490 Codice della navigazione (r.d. 327/1942 e s.m.), assistito peraltro da una sanzione penale in caso di sua violazione (art. 1158).

Questa premessa è indispensabile per comprendere la ragione per la quale il decreto legge n. 1/2023 non va convertito, in quanto le previsioni ivi introdotte confliggono con le norme convenzionali, in primo luogo con l’obbligo inderogabile di soccorso di cui all’art. 98 UNCLOS, che prescinde, va ribadito, dallo statuto giuridico delle persone soccorse e non può essere limitato.

Poiché l’Italia è tenuta a conformarsi alle norme internazionali generalmente riconosciute oltre che alle norme e ai trattati internazionali (art. 10, commi 1 e 2 Cost.), la loro violazione comporta l’illegittimità costituzionale del DL.

PERCHÉ SONO INCOMPATIBILI LE NUOVE PREVISIONI DEL DL 1/2023?

Nel rinviare al più completo documento ASGI del 5 gennaio 2023, che verrà inviato alle Commissioni, si evidenziano due punti fondamentali e imprescindibili.

1) Obbligo di raggiungere senza ritardo il porto sicuro

Tra le condizioni poste rilevano, in particolar modo, quelle che riguardano l’obbligo della nave di soccorso di raggiungere senza ritardo il porto sicuro (erroneamente definito nel DL di “sbarco”), di cui alla lett. d) e di operare modalità di ricerca e soccorso tali da impedire di “raggiungere tempestivamente il porto di sbarco” (lett. f).

L’insieme di queste 2 condizioni comporta, secondo l’intendimento del decreto legge, che le navi non possano effettuare più di un soccorso nel medesimo spazio temporale e di mare nel caso in cui dopo averne prestato uno siano avvertite di una seconda situazione di pericolo per le persone a rischio naufragio.

Impedimento che può avvenire anche nel caso in cui le persone a bordo già soccorse siano spostate su un’altra nave per consentire di andare rapidamente a soccorrerne altre a rischio di morte.

Questi impedimenti confliggono con l’obbligo inderogabile e immediato di salvataggio previsto dall’art. 98 Convenzione UNCLOS, che non consente di selezionare quanti salvataggi debbano essere effettuati.

In questi termini, le previsioni del DL 1/2023 contrastano con gli artt. 10, commi 1 e 2 e  117, co. 1 della Costituzione.

2) la raccolta delle manifestazioni di volontà di chiedere la protezione internazionale

 Un ulteriore profilo di illegittimità riguarda la condizione posta dal DL 1/2023 al/alla comandante di una nave di soccorso di avviare tempestivamente iniziative volte a informare le persone soccorse di richiedere il riconoscimento della protezione internazionale “e, in caso di interesse, a raccogliere i dati rilevanti da mettere a disposizione delle autorità” (lett. b).

Previsione che sostanzialmente affida al/alla comandante la funzione di ricevere le manifestazioni di volontà di persone soccorse che intendano, una volta sbarcate, chiedere il riconoscimento della protezione internazionale.

Previsione finalizzata a spostare la competenza sull’esame della domanda d’asilo dallo Stato di sbarco, l’Italia, allo Stato di bandiera della nave.

Funzione che, tuttavia, non può essere assegnata a comandanti di navi battenti bandiere di altri Stati, poiché:

fuori dalle acque territoriali italiane, i/le comandanti di una nave sono assoggettati/e alla legislazione di detto Stato (artt. 92 e 94.2 lett. b) Convenzione UNCLOS), oltre che al rispetto del diritto internazionale del mare.

Dunque, nessun divieto di ingresso può essere motivato per violazione di questa condizione, prevista unilateralmente in un atto legislativo nazionale.

Va, peraltro, ricordato che l’art. 18 Convenzione UNCLOS consente in ogni caso la fermata e l’ancoraggio di navi se “finalizzati a prestare soccorso a persone…in pericolo o in difficoltà” e dunque non potrebbe essere impedito l’ingresso e lo sbarco in territorio italiano se ritenuto violato l’obbligo di raccolta delle manifestazioni di volontà dell’asilo.

nelle acque territoriali italiane: la ricezione delle manifestazioni della volontà di chiedere riconoscimento della protezione internazionale sono disciplinate dal diritto dell’Unione europea e dalla sua attuazione nell’ordinamento italiano.

La Direttiva 2013/32/UE (cd. direttiva procedure) trova applicazione nel territorio degli Stati membri e consente a ogni Stato di individuare le autorità competenti alla ricezione e all’esame della domanda di asilo (art. 4).

In Italia il d.lgs 25/2008 (di attuazione della direttiva) ha individuato dette autorità (polizia di frontiera, questure, Commissioni territoriali), che sono evidentemente autorità nazionali, dunque non straniere.

Pertanto, secondo la Direttiva 2013/32/UE lo Stato italiano non può imporre ad altri Stati funzioni non previste dalla suddetta Direttiva, con l’intento tra l’altro di spostare la competenza all’esame della domanda d’asilo, in violazione del Regolamento 604/2013 (cd. Regolamento Dublino).

Altre sono le sedi istituzionali nelle quali discutere e approvare riforme del diritto UE.

In ogni caso, come evidenziato anche da UNHCR le navi non sono luoghi idonei nemmeno alla raccolta delle manifestazioni di volontà di chiedere asilo, mancando ogni competenza e professionalità ai/alle comandanti delle navi, oltre che interferire con l’inderogabile obbligo di soccorso in mare.

Anche questa condizione, pertanto, è costituzionalmente illegittima perché viola l’art. 117 Cost. 

*******

Il decreto legge 1/2023 non può essere convertito, nella consapevolezza che il Parlamento deve avere che esso viola la Costituzione.

Altri sono gli interventi legislativi urgenti che il Governo dovrebbe adottare se vuole davvero combattere il traffico di esseri umani e gestire razionalmente la questione migratoria:

  • introdurre canali regolari di ingresso (visti per ricerca lavoro, per lavoro, per asilo, ecc.)
  • predisporre, unitamente all’Unione europea, un Paino di evacuazione delle persone migranti dalla Libia, ove è acclarata la sistematica violazione di diritti umani con violenze, torture, trattamenti inumani e degradanti, stupri ed estorsioni. 
This site is registered on wpml.org as a development site. Switch to a production site key to remove this banner.