Protezione umanitaria e disastro ambientale in Nigeria

Tipologia del contenuto:Notizie

La Corte di Cassazione con l’ordinanza 5022/21 ha individuato i criteri per il riconoscimento della protezione umanitaria quando il limite minimo essenziale al di sotto del quale non è rispettato il diritto all’esistenza dignitosa è posto a rischio a causa di una situazione di disastro ambientale (art. 453 – quater), cambiamento climatico ed insostenibile sfruttamento delle risorse naturali.    

Nel caso in esame, riguardante un cittadino proveniente dal Delta del Niger, il Tribunale di merito ha accertato una situazione era tale da integrare un disastro ambientale, comportando una compromissione della gestione e fruizione delle risorse naturali.

Il giudice di primo grado aveva infatti rilevato ed accertato l’esistenza di bande criminali e gruppi parastatali, l’insicurezza legata a sabotaggi e danneggiamenti, la gestione statale delle risorse naturali corrotta in collusione con le imprese straniere. Tuttavia aveva ritenuto tale situazione non integrante i requisiti della protezione sussidiaria e non aveva valutato la possibilità di riconoscere la protezione umanitaria.

La Corte di Cassazione ha, tuttavia, richiamato la recente decisione del Comitato delle Nazioni Unite su un caso presentato da un cittadino delle Isole Kiribati, (n. 2727/2016), che aveva richiesto il riconoscimento del diritto di asilo in quanto i cambiamenti climatici avvenuti nel suo paese avevano causato condizioni di vita così avverse da obbligarne la fuga. Il Comitato Onu aveva sancito l’obbligo degli Stati ad assicurare e garantire il diritto alla vita e alla vita dignitosa e libera anche quando questo fosse messo in pericolo da condizioni quali il degrado ambientale, i cambiamenti climatici e lo sviluppo insostenibile, dichiarando esistente anche in questi casi la piena operatività del principio di non refoulement.

Pertanto, nel presente caso visto che non vi è dubbio che siamo di fronte ad una situazione di degrado ambientale e di grave compromissione della gestione delle risorse, al fine di valutare se sono integrati i requisiti per la protezione umanitaria, occorre verificare in che modo tale situazione concretizzi un rischio per il diritto alla vita e all’esistenza dignitosa.

Infatti la compromissione dei diritti fondamentali dell’individuo può determinarsi anche quando un soggetto sia obbligato a vivere in un “contesto socio – ambientale talmente degradato da esporre l’individuo al rischio di veder azzerati i suoi diritto fondamentali alla vita, alla libertà e all’autodeterminazione, o comunque di vederli ridotti al di sotto della soglia del loro nucleo essenziale e ineludibile”.

La causa è quindi stata rinviata al giudice di primo grado, il quale dovrà verificare che il livello essenziale di vita dignitosa non sia superato nel caso di specie, anche quanto le situazioni di vulnerabilità derivino da condizioni di degrado ambientale, sociale o climatico o di sfruttamento delle risorse naturali. 


Si ringrazia Giulia Crescini per il commento


Foto di Foto-Rabe da Pixabay

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