Corte di Cassazione, sentenza dell’11 giugno 2020, n. 18352

La sesta sezione penale della Corte di Cassazione richiamando quanto già ha ribadito dalla Corte di Lussemburgo (Grande Sezione, 15 ottobre 2019, Dorobantu, C – 128/19 e Corte di giustizia, 25 luglio 2018, Generalstaatsanwaltschaft, C-220/18) ha ricordato che, qualora l’assicurazione che la persona interessata non subirà un trattamento inumano o degradante sia stata fornita o, quantomeno, approvata dall’autorità giudiziaria emittente, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve fidarsi, quantomeno in assenza di un qualche elemento preciso che permetta di ritenere che le condizioni di detenzione esistenti all’interno di un determinato istituto sono contrarie all’art. 4 della Carta dei diritti fondamentali UE. Inoltre è stato ribadito che la consegna della persona richiesta dall’Autorità giudiziaria estera deve avvenire per l’esecuzione della pena eccedente il periodo di custodia cautelare sofferto dal ricorrente in Italia, con la conseguenza che il relativo periodo di privazione della libertà va integralmente detratto (Cassazione Penale, Sez. 6, n. 4303 del 28/01/2009). Infine quale condizione necessaria alla consegna delle persone ricercate tra gli Stati UE la sentenza di condanna deve avere forza esecutiva, non essendo richiesta l’ irrevocabilità della sentenza.


Corte di Cassazione, sentenza dell’11 giugno 2020, n. 18352


 

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