Reddito di cittadinanza senza i 10 anni di residenza: Cosa fare ?

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ASGI sta ricevendo decine di richieste di aiuto da cittadini italiani e stranieri a basso reddito a cui viene revocata la misura di aiuto economico del reddito di cittadinanza.

Sin da subito ASGI ha ritenuto la richiesta dei 10 anni di residenza nei confronti dei/delle cittadini/e stranieri/e (comunitari e non) e italiani una discriminazione indiretta perché in contrasto con le norme europee che impongono la parità di trattamento nell’accesso alle prestazioni sociali.

Revoche per mancata residenza eppure il requisito è stato bocciato dalla stessa Commissione ministeriale

Sono ormai diversi mesi che migliaia di cittadini e cittadine stranieri/e ricevono dall’INPS una lettera di revoca del beneficio con richiesta di restituzione dell’indebito per mancanza del requisito della residenza ovverosia, come si legge nella lettera, “perché il richiedente non ha risieduto in Italia per almeno 10 anni.

Nella maggior parte dei casi si tratta di persone provenienti da altri Paesi dell’Unione (es. Romania) oppure di origine extra UE titolari del permesso di soggiorno per lungosoggiornanti, o titolari di protezione internazionale o familiari di cittadini dell’UE. In alcuni casi più rari anche di cittadini con background migratorio naturalizzati italiani.

 Ricordiamo che la Commissione Saraceno aveva identificato la residenza decennale come requisito da modificare per raggiungere davvero i nuclei più poveri e perché “nessun Paese in Europa ha un requisito di residenza così alto.”
Il Governo, inoltre, a seguito di una denuncia alla Commissione Europea presentata dall’ASGI e da altre associazioni, aveva comunicato alla Commissione, in risposta a una sua richiesta di chiarimenti, che avrebbe diminuito il requisito da 10 a 5 anni ma ciò non è mai avvenuto.

ASGI: chiedere la sospensione delle revoche o agire in tribunale, ma anche verificare gli errori della PA sulla residenza: un caso a Torino

In attesa degli esiti dei procedimenti pendenti, ASGI ha suggerito di inviare una lettera all’INPS per chiedere la sospensione delle richieste di restituzione.

In varie città italiane tra cui Torino, Trieste, Milano, Vercelli, Biella, Bergamo, laddove tali richieste di sospensione all’INPS non hanno dato esito positivo, sono stati avviati diversi contenziosi , tutti in attesa della prima udienza.

Tra i casi seguiti si segnala la vicenda di Torino, dove il tribunale si è pronunciato su un primo caso in cui l’INPS, mal coordinatasi con il Comune, aveva erroneamente considerato carente il requisito della residenza decennale che invece era soddisfatto. La vicenda riguardava una cittadina straniera, residente in Italia dal 1987, nonostante alcuni “buchi” nell’iscrizione anagrafica per irreperibilità, su cui l’Istituto aveva invece disposto le verifiche solo nell’ultimo comune di residenza, non tenendo conto del pregresso periodo, neppure a seguito di istanza di riesame presentata dall’interessata.
Con una sentenza del 25 marzo 2022, la giudice ha quindi accertato che la somma dei periodi di residenza formale era comunque sufficiente ai fini dell’integrazione del requisito decennale e ha altresì ricordato che “la norma non impone infatti limiti temporali alla rilevanza dei periodi di residenza, richiedendo unicamente la continuatività negli ultimi due anni e la residenza complessivamente superiore a dieci anni”. Nel caso di specie, dunque, non è stato necessario neppure accertare la residenza di fatto o effettiva, comunque rilevante ai fini dell’integrazione del requisito, come ricordato anche dal Ministero del Lavoro con nota del 1.4.2020: “l’attestazione come risultante dai registri anagrafici costituisce una mera presunzione del luogo di residenza del destinatario superabile con i mezzi di prova consentiti dall’ordinamento”.

Vale la residenza effettiva che va dimostrata

Occorre quindi sempre verificare che il requisito dei 10 anni di iscrizione anagrafica non sia effettivamente soddisfatto o che non venga riconosciuto per mero errore materiale.

Bisogna allo stesso modo valutare la sussistenza del requisito della residenza effettiva da almeno 10 anni comprovata, come prescrive la circolare del Ministero del Lavoro del 2020 da “oggettivi ed univoci elementi di riscontro“.

Questi elementi di riscontro sono documenti che attestano la regolare presenza sul territorio e possono riguardare di attività lavorativa pregressa (contratti di lavoro, estratto conto contributivo dell’INPS), documenti medici, scolastici o contratto di affitto o ancora vecchi permessi di soggiorno (o anche il provvedimento che riconosce la protezione internazionale della Commissione).

Cosa fare se ricevi la lettera di revoca dell’INPS

Se sei titolare di permesso per soggiornanti di lungo periodo, protezione internazionale, familiare di cittadino dell’UE o cittadino dell’Unione e non hai i 10 anni di residenza né anagrafica né effettiva puoi contattare il servizio antidiscriminazione dell’ASGI che invierà una lettera all’INPS .

Se sei titolare di permesso per soggiornanti di lungo periodo, protezione internazionale, familiare di cittadino dell’UE o sei cittadino dell’Unione e hai i 10 anni di residenza effettiva puoi contattare il servizio antidiscriminazione che invierà una lettera al tuo comune di residenza.

Se invece intendi rateizzare ricordati che occorre accompagnare la richiesta di rateazione da una dichiarazione di “non ammissione del debito”.


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