Agenzia dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea: due nuovi studi sullo sfruttamento lavorativo dei migranti

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L’Agenzia dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (FRA) pubblica due nuovi studi sullo sfruttamento lavorativo dei migranti.

Il primo studio, intitolato “Out of sight: migrant women exploited in domestic work[1] (Lontano dagli occhi: lo sfruttamento delle donne migranti nel lavoro domestico), nel ricordare l’importanza del contributo delle lavoratici migranti nel settore del lavoro domestico, specie nell’ambito di sistemi di protezione sociale insufficienti a fare fronte ai bisogni della cittadinanza, pone l’accento sull’altissimo rischio di sfruttamento che caratterizza questo settore.

Le lavoratrici intervistate, vittime di sfruttamento lavorativo, riportano di essere state soggette a trattamenti umilianti e degradanti e violazioni di privacy; abusi e maltrattamenti da parte del datore di lavoro, di avere percepito retribuzioni inferiori ai minimi, non corrispondenti alle ore di lavoro svolte e comunque soggette variazioni decise unilateralmente dal datore di lavoro; di essere state costrette a lavorare con orari estenuanti, dalle dieci alle diciotto ore, molto spesso senza neanche un giorno di riposo.

A partire da queste esperienze, l’Agenzia individua una serie di fattori di rischio di sfruttamento lavorativo nel settore del lavoro domestico e formula alcune raccomandazioni su possibili azioni di contenimento di tali rischi.

Tra i primi l’agenzia include: la condizione di “dipendenza sul datore di lavoro”; la mancanza di ispezioni e meccanismi di denuncia, un limitato accesso a meccanismi di supporto; e, infine, la scarsa conoscenza dei propri diritti.

Il rapporto, pur non facendo una classificazione dei fattori di rischio di sfruttamento lavorativo, riconosce che la “dipendenza sul datore di lavoro” rappresenta in proposito un fattore centrale. Tale condizione è spesso generata dall’irregolarità di status della lavoratrice, dall’impossibilità in alcuni ordinamenti di cambiare datore di lavoro per tutta la durata del visto d’ingresso o più semplicemente dal bisogno di avere la collaborazione del datore di lavoro ai fini del rinnovo del titolo di soggiorno. Essa è spesso aggravata da situazioni di convivenza con il datore di lavoro, che impongono alle lavoratrici di cercarsi anche un’altra abitazione oltre ad un altro lavoro, enormi pressioni derivanti dalla necessità di provvedere ai bisogni della famiglia nel paese di provenienza, situazioni di isolamento e in alcuni casi di vere e proprie forme di restrizione della libertà.

L’Agenzia invita pertanto gli Stati Membri a promuovere l’effettività dei diritti delle lavoratrici domestiche e prevenire abusi, dando priorità a misure intese a prevenire il verificarsi di situazioni di dipendenza sul datore di lavoro.

Per quanto riguarda le ispezioni, l’Agenzia riconosce che la coincidenza del luogo di lavoro con un’abitazione privata possa rappresentare un ostacolo al monitoraggio delle condizioni del lavoro e invita gli Stati Membri, che non l’hanno ancora fatto, di aderire alla Convenzione ILO 189/2011 sul lavoro domestico[2], emendando la legislazione interna nei casi in cui esclude il lavoro domestico dall’ambito di applicazione delle norme in materia di ispezioni sul luogo di lavoro. Le ispezioni, si sottolinea, dovrebbero focalizzarsi sulle condizioni di lavoro e porre le lavoratrici in condizione di denunciare situazioni di sfruttamento stabilendo procedure finalizzate a informare queste ultime dei loro diritti e consentire l’accesso sicuro a meccanismi di protezione delle vittime. Per quanto riguarda le lavoratrici con status irregolare, gli Stati Membri devono garantire che la condizione di irregolarità non sia di impedimento al riconoscimento della lavoratrice come vittima di un reato, in linea con la Direttiva 2012/29/UE che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato,[3] la quale, ricorda l’Agenzia dei Diritti Fondamentali, si applica a tutte le vittime senza alcuna discriminazione, ivi incluse differenze basate sulla regolarità di status.

 

L’Agenzia ribadisce l’importanza di fornire un adeguato supporto alle vittime sottolineando, ancora una volta, che il diritto delle vittime di reato ad accedere meccanismi di tutela deve essere riconosciuto a prescindere dalla regolarità dello status.

Infine, con riferimento alla mancata conoscenza dei propri diritti, L’Agenzia invita gli Stati Membri a incoraggiare le organizzazioni sindacali e le organizzazioni della società civile a promuovere attività intese a informare le lavoratrici prima della partenza, già nel paese di provenienza, e in seguito al loro arrivo, oltre ad intraprendere campagne di outreach finalizzate a favorire la conoscenza dei diritti, delle leggi rilevanti, meccanismi di denuncia e tutela in un linguaggio comprensibile alle stesse lavoratrici e adottare misure atte ad agevolare una maggiore trasparenza delle condizioni di assunzione e innalzare la consapevolezza dei datori di lavoro sui loro obblighi.

 

Il secondo studio, intitolato “Protecting migrant workers from exploitation in the EU: boosting workplace inspections” (Proteggere i lavoratori migranti dallo sfruttamento in UE: rafforzare le ispezioni sui luoghi di lavoro),[4] fa seguito al precedente rapporto del 2015 dell’Agenzia[5], Severe labour exploitation: workers moving within or into the European Union (Grave sfruttamento lavorativo: la circolazione dei lavoratori verso e all’interno dell’Unione Europea) completando la visione dei professionisti coinvolti nel contrasto allo sfruttamento lavorativo con le esperienze di lavoratori migranti vittime di sfruttamento.

Alla luce di questa ulteriore indagine, L’Agenzia dei Diritti Fondamentali conferma la necessità di ripensare le ispezioni secondo un approccio proattivo, focalizzare gli sforzi nei settori più a rischio e garantire l’effettività del diritto a condizioni di lavoro giuste ed eque e rimedi effettivi, di cui agli artt. 31 e 47 della Carta dei Diritti Fondamentali, a tutti i lavoratori, senza distinzione alcuna.

Il rapporto ricostruisce un quadro poco rassicurante. Mentre il numero delle ispezioni sul lavoro è limitatissimo, con interi settori a rischio completamente scoperti come l’edilizia e la ristorazione, i lavoratori segnalano l’adozione da parte dei datori di lavoro di strategie di contenimento della loro efficacia, in particolare per quanto riguarda la copertura di gravi violazioni. Tali strategie, si legge nel rapporto, incidono negativamente sulla percezione dei lavoratori dei servizi ispettivi e sulla capacità delle autorità di tutelare i loro diritti, contribuendo ulteriormente a indebolire l’utilità delle ispezioni.

Sulla base di tali evidenze, l’Agenzia esorta gli Stati Membri a creare unità di investigazione specializzate nello sfruttamento lavorativo e favorire lo svolgimento di indagini unitarie tra polizia e servizi ispettivi. Nel fare ciò, si chiarisce, che per porre fine all’impunità dei datori di lavoro sullo sfruttamento lavorativo è fondamentale mettere i lavoratori in condizione di denunciare e accedere a forme di tutela senza dover temere di perdere la loro unica fonte di sostentamento, il posto dove vivono o di essere deportati. In particolare, l’Agenzia pone l’accento sulla necessità per gli Stati Membri di garantire che l’attuazione delle norme in materia di immigrazione sia condotta nel pieno rispetto dei diritti fondamentali e non si trasformi, in nessun caso, in un impedimento all’accesso alla giustizia per i lavoratori sfruttati, aggravando di conseguenza l’attuale condizione di quasi totale impunità dei datori di lavoro. La tutela dei diritti fondamentali delle persone coinvolte deve essere, infatti, prioritaria rispetto alla verifica della regolarità del loro status. Gli Stati Membri sono invitati, pertanto, a dare comunicazione di questo a tutte le autorità che vengono a contatto con cittadini di paesi terzi assicurandosi che l’irregolarità del soggiorno non impedisca il riconoscimento di un lavoratore con status irregolare come vittima di un reato.

L’Agenzia non manca di evidenziare nuovamente l’importanza della formazione dei professionisti coinvolti nella lotta allo sfruttamento lavorativo, in particolare con riferimento al riconoscimento dei fattori di rischio, l’esigenza di orientare i servizi ispettivi e le risorse disponibili alla luce di tali fattori nei settori dove il bisogno e più forte ed elaborare risposte che stimolino la collaborazione tra tutte le autorità competenti.

Rispetto alle strategie poste in essere da parte dei datori di lavoro, l’Agenzia invita gli Stati Membri a riconsiderare l’opportunità di preannunciare al datore di lavoro la visita degli ispettori, in particolare nei settori a rischio, e adottare misure intese superare eventuali barriere linguistiche nella comunicazione con i lavoratori al fine di agevolare la comprensione da parte di questi ultimi delle finalità dell’ispezione e la collaborazione con le autorità competenti.

L’Agenzia evidenzia, infine, la necessità di integrare le attività di monitoraggio delle condizioni di lavoro con iniziative intese a  promuovere una maggiore consapevolezza sullo sfruttamento lavorativo e le sue caratteristiche tra le imprese, le organizzazioni sindacali e la cittadinanza in generale.

[1] http://fra.europa.eu/en/publication/2018/exploited-domestic-workers

[2] https://www.ilo.org/rome/norme-del-lavoro-e-documenti/WCMS_157904/lang–it/index.htm

[3] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=celex%3A32012L0029

[4] http://fra.europa.eu/en/publication/2018/protecting-migrant-workers-exploitation-eu

[5] http://fra.europa.eu/en/publication/2015/severe-labour-exploitation-workers-moving-within-or-european-union


I rapporti dell’Agenzia Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (FRA)

Out of sight: migrant women exploited in domestic work

Protecting migrant workers from exploitation in the EU: boosting workplace inspections


Si ringrazia Venera Protopapa per la collaborazione

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