La Corte d’Appello di Milano “smantella” i requisiti discriminatori della delibera lombarda sul Fondo affitti

Tipologia del contenuto:Notizie

La sentenza della Corte d’Appello di Milano 25.3.19 chiude  una vicenda, avviata nel 2015, che riguarda la delibera di Giunta della Regione Lombardia n. 3495/2015 relativa al fondo di sostegno alla locazione previsto dall’art. 11 L. 431/98.

La sentenza della Corte d’Appello di Milano 25.3.19 chiude  una vicenda, avviata nel 2015, che riguarda la delibera di Giunta della Regione Lombardia n. 3495/2015 relativa al fondo di sostegno alla locazione previsto dall’art. 11 L. 431/98.

Il ricorso era stato proposto da ASGI e APN con riferimento alla discriminazione collettiva nonché  da una cittadina salvadoregna che, pur essendo nelle condizioni di bisogno previste dalla norma (ISEE inferiore a euro 7000) si era vista respingere la domanda del contributo alla locazione per carenza di due requisiti previsti dalla delibera a carico dei  soli stranieri: a) esercizio di una regolare attività lavorativa, anche in modo non continuativo, di lavoro subordinato o autonomo; b) residenza da almeno dieci anni nel territorio nazionale ovvero da almeno cinque anni in Lombardia.

Il secondo requisito era in effetti previsto dalla legge (art. 11 L. 431/98 come modificato dal DL 112/98) e dunque la Corte ha sospeso il giudizio sollevando questione di costituzionalità. La Corte, con sentenza 166/18 ha dichiarato l’incostituzionalità della norma ritenendo del tutto irragionevole che un contributo riservato alle famiglie in condizioni di povertà fosse condizionato a uno dei due requisiti di cui sopra, essendo entrambi assolutamente sproporzionati rispetto alle finalità perseguite dalla legge.

Il Giudizio è quindi ripreso avanti la Corte d’Appello cui spettava l’esame del primo requisito, che aveva la sua fonte esclusivamente nell’atto amministrativo. Secondo la Regione il requisito aveva il suo fondamento nella analogia  con quanto previsto dall’art. 40, comma 6 TU immigrazione: ma tale previsione – come correttamente rileva la Corte –  riguarda l’accesso agli alloggi pubblici e non il contributo in esame, che è solo una prestazione monetaria collegata a un contratto di locazione e finalizzata ad evitare la perdita dell’alloggio; in quanto prestazione monetaria estranea all’art. 40 comma 6, essa soggiace quindi sia al principio generale di cui all’art.2, comma 2 TU, sia all’art. 41 TU   che garantisce parità di trattamento a tutti gli stranieri titolari di permesso di almeno un anno, non essendo pertanto consentito alla PA aggiungere, a carico dei soli stranieri,  requisiti non previsti dalla legge.

Per tale parte la Corte ha dunque ritenuto che l’atto amministrativo istitutivo del fondo andasse disapplicato.  Ha quindi ordinato alla Regione Lombardia (e al Comune di Milano quale soggetto incaricato della distribuzione dei fondi) di riaprire i bandi eliminando i requisiti discriminatori erogando comunque alla singola ricorrente, che aveva già proposto domanda,  la prestazione richiesta in misura di euro 1100,00.

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