Tribunale di Roma: Forza Nuova è un’organizzazione che diffonde l’odio

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Lo scorso 24 febbraio è stata depositata un’importante decisione del Tribunale di Roma che ha affermato che i discorsi di odio – tanto più se diffusi attraverso i social – non possono essere considerati libera manifestazione del pensiero.

Chiudere la pagina dell’organizzazione politica Forza Nuova “è un dovere giuridico per Facebook”, statuisce la giudice dr.ssa Albano, in quanto i post non solo violano le condizioni contrattuali, ma sono illeciti in base a tutto il complesso sistema normativo a fondamento del divieto di discriminazione razziale, insieme alla vasta giurisprudenza nazionale e sovranazionale in materia.

La pronuncia è infatti di particolare pregio in quanto offre una importante e completa  ricognizione del quadro normativo internazionale, dell’Unione Europea e interno, nonché della giurisprudenza delle Corti europee e italiane in materia di “hate speech”.

Di grande interesse è inoltre la menzione del Codice di Condotta adottato dall’Unione Europea e sottoscritto anche da Facebook per far fronte al proliferare dell’incitamento all’odio razzista e xenofobo online:

L’Unione europea, gli Stati membri, i social media e altre piattaforme condividono tutti la responsabilità collettiva di promuovere e favorire la libertà di espressione nel mondo online e, nel contempo, sono tutti tenuti a vigilare che Internet non diventi un ricettacolo di violenza e odio liberamente accessibile. Nel maggio 2016, per far fronte al proliferare dell’incitamento all’odio razzista e xenofobo online, la Commissione europea e quattro colossi dell’informatica (Facebook, Microsoft, Twitter e YouTube) hanno presentato un “Codice di condotta per contrastare l’illecito incitamento all’odio online”.
(dal comunicato stampa della Commissione Europea del 4 febbraio 2019)

L’ordinanza colpisce altresì per l’approfondita analisi del materiale diffuso da Forza nuova ritenuto sufficiente a qualificare l’organizzazione quale “organizzazione d’odio la cui propaganda è vietata su Facebook in base alle condizioni contrattuali ed a tutta la normativa citata.Secondo il Tribunale la risoluzione del contratto e l’interruzione del servizio di fornitura sono dunque stati legittimi e ha condannato la ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore di Facebook quantificandoli in 4.500 euro.

In conclusione, si tratta di un’importante decisione in materia di contrasto ai discorsi di odio razziale che afferma con forza che la diffusione di “manifestazioni di pensiero che esprimono disprezzo nei confronti di individui appartenenti a determinate categorie o nei confronti di determinate categorie di persone” integrano i profili della discriminazione razziale e non sono in alcun modo bilanciabili con il diritto di libera manifestazione del pensiero.   


L’ordinanza


Foto di Thomas Ulrich da Pixabay

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